Ciao Alessio, parto subito con la prima domanda…cosa rappresenta per te la musica?
La Musica è stata parte della mia vita fin dalla giovinezza, iniziando in maniera pulita e disincantata prendendo, a 8 anni, lezioni di piano da una suorina in un convento. Nella adolescenza, come ascoltatore, si è trasformata in valvola di sfogo e di ribellione, erano i tempi degli Stone, Temple Pilots e dei Black Crowes che picchiavano duro alla radio, poi ancora Guns ed Aerosmith. Scoperta la chitarra, la musica diventò terreno in cui cercare di essere diverso e figo, esorcizzava le mie insicurezze ed i miei complessi di ragazzo, leniva il dolore di una situazione familiare dolorosa. Nella restante parte della vita, la musica è stata, ed è tutt’ora l’oppio che mi fa evadere da una società che non amo, è quella speranza che forse, un giorno, qualcosa cambierà in meglio e diventerò quello che voglio essere.
So che oltre ad essere un chitarrista sei anche un songwriter e produttore. Secondo te che direzione ha preso la musica in Italia? È la stessa di quella europea o il percorso è differente?
Il nostro mercato è, in scala globale, molto piccolo, anche in virtù delle contenute dimensioni geografiche e della scarsissima diffusione dell’italiano nel mondo, in rapporto ad Inglese e Spagnolo. I nostri numeri sono praticamente ridicoli, appena sopra i paesi dell’Est. In Italia, le uniche realtà musicali rilevanti sono Milano ed un pochino Roma. Se la vedi in questo modo, capisci perché ci sia pochissima offerta, e perché le case produttrici siano terrorizzate dal proporre una varietà o comunque artisti innovativi. Siamo, al di la delle eccellenze che il mondo ci invidia (penso ad Ennio Morricone ad esempio) fondamentalmente un popolo da sagra di paese e da karaoke, senza un vero e proprio interesse vivo per la musica suonata. In senso globale, la Musica sta comunque soffrendo tantissimo. La gente è anestetizzata dai social: prima andare ad un concerto era un evento, come andare a vedere una caxxo di eruzione vulcanica. Ora mediamente siamo assuefatti a tutto. Vuoi vedere uno che si fa esplodere le palle con un petardo? credo che se lo cerchi con Google lo troverai senza fatica. Quindi la gente non vuole, non brama, non cerca. Gli artisti sono stati privati di quell’alone di magie e mistero, sono sempre meno idoli. Ed il mercato da alle persone ciò che queste vogliono. Se le persone non vogliono, il mercato non da. E se la vuoi sapere tutta, credo ci sia un disegno dietro, non credo al caso.
Come si sta evolvendo la tua esperienza musicale?
Non mi reputo più un chitarrista. Quella parte di me in un certo qual modo è venuta meno, venendo sostituita da ciò sono diventato componendo e lavorando in studio. Ho scoperto che è molto difficile strutturare dei brani, capire cosa vuole un artista, mantenere una oggettività in merito al materiale sul quale si sta lavorando ed educare il proprio orecchio ai bei suoni ed agli equilibri. Abbandonando il chitarrismo virtuoso, ho assunto una visione molto più ampia della musica, ho ricominciato ad imparare velocemente e…paradossalmente, proprio ora che ho abbandonato gli sweep picking e le diavolerie varie, suono molto meglio! In più, se vogliamo parlare di business, di chitarristi fortissimi ce ne sono a bizzeffe e servono generalmente a poco nella musica attuale. Spendono tanto e guadagnano il nulla cosmico, in rapporto agli sforzi per avere un buon suono ed a mantenere tecnica mentale e fisica ad un livello professionale, nel tempo. Di nuovo paradossalmente, ora che ne curo la realizzazione, suono nei lavori di un sacco di artisti, cosa che prima praticamente non accadeva.
Nella tua vita di chitarrista hai cambiato moltissimi strumenti, prima di conoscere Marvit?
Diciamo che se avessi una donna per ogni chitarra posseduta nella mia vita, potrei fare impallidire il Sultano del Brunei!!!
Se non ti sei fermato quindi ad un solo strumento, ti chiedo se il tuo rapporto con Marvit ha influenzato la tua evoluzione di chitarrista ed artista?
Per me avere a che fare con questo marchio, da principio, è stata una doccia fredda. Venivo da quella comune fase nella quale si comprano catorci di chitarre, buoni manco per fare la brace e li si customizza sperando di ottenere il Sacro Graal della liuteria, alimentando poi inevitabilmente gli annunci del Mercatino Musicale! All’inizio non capivo gli strumenti della Marvit, ho dovuto smontare le mie conoscenza in materia di suono e di “fisica”, rimettere tutto in discussione non è stato semplice. Adesso ho un rapporto molto genuino e diretto con i miei strumenti: cerco chitarre che non mi spacchino i maroni!!!! Se devo registrare, fermare idee fugaci, dar retta agli artisti che pagano il mio tempo e nel contempo fare i miei live, non devo sprecare il tempo dietro a strumenti che si muovono tremendamente al variare dell’umidità, stonati o con saldature che fanno casino. Non ne ho semplicemente voglia… e se ho in testa un suono, devo trovarlo a colpo sicuro. Inoltre penso che non esista una chitarra che faccia tutto. Infatti ne ho 14 e 10 sono Marvit e girano tutte quando produco, nonostante il fatto che potrei fare quasi tutto con 4.
Sei molto aperto ai generi musicali più diversi, sia quando lavori come songwriter che come produttore, ma come chitarrista conservi un animo molto rock (come il tuo ultimo album da solista “Alameda Gardens” )…Secondo te “Il rock è morto”?
E’ difficile rispondere. Ci sono ancora tanti amanti del genere, nostalgici che si radunano attorni agli ultimi idoli in via di estinzione. Questo pubblico è ancora ganzo e vitale. Ma sono i giovani il problema. Tanto per cominciare il rock è uno stile di vita, una cultura, quelli si…mi paiono davvero ridotti al lumicino. Quel substrato culturale e musicale faceva, se ci fai caso, diventare dei talenti gli aspiranti musicisti prestissimo. Ma ci pensi….Hendrix è morto a 27 anni!!! Jimmy Page arrivo’ al successo a 27 anni….Poi il rock vive di narcisismo, è una grossa posa. Una volta essere un rocker voleva dire essere uno tosto, uno che prendeva la vita di petto, le donne ti guardavano. Ora passi da sfigato, da nostalgico, è cambiato tutto. Sei uno con appeal se sei un influencer e fai i video su Youtube. Mah...io continuo a ricordare con estremo affetto e tenerezza Ozzy che decapita pipistrelli a morsi…..
“Alameda Gardens” è il coronamento di un lavoro durato quasi 5 anni,. Durante questo cammino mi sono scoperto più musicista che chitarrista, con evidente impatto sulle dieci tracce strumentali che avrete modo di ascoltare nell’album. Numerose sono state le partecipazioni: Mark Epstein ( bassista per Johnny Winter, Joe Bonamassa, Willie Nelson, Vernon Reid, Taj Mahal), Dado Neri (bassista per Adriano Celentano, Gianna Nannini, Umberto Tozzi, Ornella Vanoni), Stefano Capocecera (bassista per Giorni Anomali, Peppino di Capri), Francesco Cherubini (batterista per Dirotta su Cuba, Articolo 31, Michael Backer, Irene Grandi), Fabrizio Morganti (batterista per Biagio Antonacci, Patti Smith, Piero Pelù, Cristina Donà), Diego Imparato (bassista per Antonio Onorato, Eugenio Bennato), Marco Cattarossi (bassista per Ginevra di Marco, Fabrizio Bosso, Riccardo Onori, Franco Santarnecchi, Francesco Guccini, Cesare Cremonini, Pupi Avati), la vocalist Claudia D’Agnone, Ben Frassinelli (fonico per Litfiba, Mau Mau, Paolo Vallesi, Negrita, Antonello Venditti, Francesco Renga). Il disco è stato masterizzato al White Sound Mastering di Tommaso Bianchi. L’artista “Vidà” ha concesso la sua opera “Purple Rain” come copertina, e Simone Favilli ne ha curato le grafiche.